Lasciti, obblighi perpetui e povertà di San Francesco di Pisa nel cinquecento

L’istituzione del convento e della chiesa di San Francesco di Pisa avvenne nella prima metà del dugento, quando i primi frati ebbero in uso una piccola chiesa detta della SS. Trinità, e non molto tempo dopo, nella seconda metà del secolo, fecero costruire il complesso nelle dimensioni attuali. Si trattò dei Minori Conventuali, distintisi dal ramo degli Osservanti ufficialmente nel 1517.
Di freequente San Francesco e le sue pregevoli opere sono ricordati dagli studi di storia dell’arte, mentre lo sono meno da quelli sulla vita religiosa che, come normalmente avveniva, risentì delle vicende cittadine.
Basti ricordare ad esempio che la prestigiosa Pisa fin dal secolo XIII fu residenza, oltre che di un convento, di una Custodia e di un Inquisitore.
Quando poi i cittadini soffrirono le lunghe guerre con Firenze e le pestilenze, ne patirono anche i frati tanto che nel 1430 o 1431, temendo di non poter salvare chiesa e convento, chiesero l’istituzione di un’Opera con un operaio di fiducia eletto dal Comune e delegato a occuparsi dei beni e della loro conservazione.
Ugualmente nel cinquecento, secolo di crisi religiose e civili, di eresie e scismi, i frati subirono le conseguenze della contrazione delle attività dei mercanti, della minor importanza dei principi della Chiesa e del ridimensionamento della ricchezza pubblica e privata.
Vita comune e liturgia dei frati ovviamente non mutarono: rimasero le necessità essenziali e il problema su come portare avanti il tutto. Si trattava di mensa, di ospitalità, di gestione del patrimonio, di cura delle officine (si citano granaio stanza del “vaglio”, dispensa), di infornate del pane da dare ai residenti, ai forestieri e ai poveri , e insieme di celebrazione di messe, di suffragi, di elemosine generiche e di quella del Cordone, di gestione della cera e illuminazione, di lasciti e obblighi ...
Allora la famiglia religiosa – riporta una carta – era composta di una circa ventina di persone, comprese quelle dello studio, i servitori laici e i religiosi forestieri e, almeno in teoria, non aveva necessità di grandi patrimoni e rendite per tirare avanti. Così appare in un registro del 1528 dove sono riportati un numero contenuto di obblighi “perpetui” (liturgie) con i relativi fondi d’appoggio e i benefattori che furono:

– L’Opera di Santa Maria Maggiore: lire 10 per un ufficio per l’anima di Iacopo di Dato orafo pisano (1417); idem, lire 8 per lascito di m. Antonio di Iacopo operaio (senza data, da qui in poi s.d.).
– L’Opera di San Francesco: lire 4 per un ufficio per l’anima di Adovardo dei Rosselmini con 12 messe piane e la cantata, con suddiacono e diacono (s.d.); idem, lire 3.6 per lascito di Giovanni di Cristoforo Aldinghieri per 12 messe e la cantata (s.d.); idem, lire 4.10 per testamento di Lorenzo di Bindacco con 12 messe e la cantata, e con diacono e suddiacono (s.d.); idem, lire 2 per testamento di Sandra figlia di Antonio di Domenico del Boneca da San Miniato moglie di Mariano da Como, con obbligato un pezzo di terra con casa nella cappella di San Marco della Calcesana (1489); idem, lire 2.10 per testamento di Piero di Franchino “primo operaio di San Francesco” per 12 messe con la cantata in San Michele in Borgo (1433); idem, lire 9 per testamento di messer Guido di Puccio operaio per celebrare la festa della Concezione e il giorno seguente con l’ufficio con 12 messe con le orazioni cioè Inclina Domine, Quis Domine, Fidelium Deus (1526); idem, lire 6, per l’anima di Michele Barbadoro al convento e con 50 messe dei morti (s.d.); idem, nel tempo di monsignor Montalto vicario apostolico della Religione, sacca 20 di grano (1566), segue in calce il ricordo dell’elezione e morte di papa Sisto V, minore conventuale (1585-1590) – che era appunto il cardinal Montalto citato.
– Il convento di Sant’Antonio dei Servi di Maria, lire 16, per fare la festa di San Mauro abate, legato fatto da Giovanni di Bellino vinaiolo quando la chiesa suddetta era dei frati di San Basilio (1387). – Bastiano di Giuliano da Volterra sarto, lire 60 per fitto e livello dell’orto del convento (s.d.); nel 1535 l’orto fu concesso a vita alla figlia maggiore e alla moglie.
– Il monastero e le monache di San Paolo all’Orto, lire 8 per censo della concessione del sito del monastero, con autorità apostolica (1480).
– Gli eredi di Nanna di Giordano da Cesano, lire 7 su testamento per 30 messe dei morti e il mattino dei morti (1529); nel commento è citato frate Tommaso di Antonio di Lupo guardiano (s.d.).
– La bottega non divisa in Borgo San Michele dirimpetto a ser Piero del Pitta comprata da m. Antonio operaio del duomo e di San Francesco, lire 23 (s.d.).
– La bottega non divisa, per cinque carati, con Ranieri e Simone setaiolo posta nel chiasso dei Setaioli rimpetto al palazzo dei Galletti, lire 14 (s.d.).
– La Signoria di Firenze per le gabelle, lire 70 in due paghe.
– Alessandro di maestro Leonardo legnaiolo, lire 3 per testamento di Giovanni di Talloccio lanaiolo abitante in carraia di Santa Cecilia con 5 messe dei morti il 21 maggio, il 14 giugno e il 5 ottobre (1527).
– Pietro Paolo di Michele di Antonio da Pontasserchio sepolto nel chiostro, lire 5 per un ufficio dei morti a novembre con 20 messe “leggibili” e una cantata (1519).
– Luigi Navarretto spagnolo, scudi 20 d’oro, per due uffici l’anno per l’anima sua e di Serena sua moglie (1577), poi investiti in beni stabili e nella fabbrica la casetta nuova dell’ortolano da appigionare perché costituiva il fondo dell’obbligo.
– Gabriello e Filippo Mastiani, sacca 20 di grano un barile di olio per il testamento di Paolo di Piero Mastiani con obbligo di celebrare la prima messa all’altare di San Giovanni e ogni due mesi due uffici con messe di convento (1486).
– Compagnia di San Francesco di Pisa attaccata al convento, due sacca di grano per il sito della compagnia, e libbre 2 di cera per la festa di San Francesco (1534).
– Santi di Gherardo di Pecoraio da Oratoio, quarra 4 di grano e libbre una di cera per livello di terre (1464); i livelli della famiglia del Pecoraio continuarono fino al 1703.
– Prete Gherardo di Forte e prete Renieri Opezinghi, ognuno due sacca di grano per la concessione di una sepoltura in chiesa “nella quale si sotterrò la felice memoria di maestro Bartholomeo da Pisa, qual compose la Conformità” (1385-90), con obbligo di far la festa di San Gherardo e il giorno seguente l’ufficio per le loro anime (1525).

Fu nella seconda metà del cinquecento che il convento risentì della mancanza di denaro. Un documento parla di tempi sfortunati e come la povertà rendesse difficile la compera delle indispensabili provviste: legna (riscaldamento, cucina) e vino ...:

“A dì 26 d'aprile 1571 secondo la chiesa [capodanno il I gennaio].
Noi maestro Thomaso Cancinello di Lunano provinciale della provincia di Toscana et in quella commissario del padre reverendissimo generale [fra Giovanni Pico da Serrapetrona], considerata la povertà del convento nostro di Pisa e il presente de interesso e iactura, che riceve il detto convento per non farsi le provisioni al tempo e massime di legna et vino, pertanto s’ordina e comanda a’ guardiani et procuratori che haveranno da esser in detto convento che vino et legna per el bisogno del convento non s’habiano a comprare alla giornata, ma si debba far provisione di vino alla vendemmia, et le legne si debbano comprare il mese di maggio, vel circa a’ tempo che si sogliono esser miglior derrata; la qual compra di vino et legna si faccia da detto procuratore et governo et operaio del convento et acciò detta provisione si possa effettuare a benefitio di detto convento” ... e così via.

In fondo alla deliberazione si trova un elenco delle rendite assicurate da:
L’ortolano lire 126
L’Opera di San Francesco lire 146
Gli eredi dei Lanfranchi lire 42
I frati di Sant'Antonio lire 16
L’Operaio di Duomo in tre partite lire 35
L’ospedale del Grasso lire 12
Valerio Aquilani lire 10
L’ (biffato); totale: lire 411.

E, “manu propria”, seguono le firme dei frati: fra Tommaso Cancinelli provinciale, fra Bernardo guardiano, fra Domenico da Carmignano custode della Custodia di Pisa, Cristoforo Grassolini inquisitore (non era frate), fra Antonio Baldosio sardo, fra Stefano dei Verzelli, fra Pietro sardo, fra Giovanni Maria di Arezzo, fra Patrizio Baccinetto Ilicini, fra Antonio Eligi e fra Bartolomeo che, dalla firma tremolante, appare una persona anziana o poco letterata.

Paola Ircani Menichini, 14 settembre 2023.
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